Il Modello Organizzativo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e la Responsabilità dell’Impresa

Il tema della legalità negli appalti, tanto nel settore pubblico quanto nel privato, è sempre di grande attualità, non solo fra gli addetti ai lavori della pubblica amministrazione e del mondo imprenditoriale, ma nell’intera società.

L’importanza di una gestione corretta dei soldi pubblici, come anche di quei servizi forniti da privati ma che interessano il pubblico, è oggetto di discussioni e riflessioni - spesso comprensibilmente allarmate - in ogni ambito civile, perché è una questione che tocca tutti noi, come cittadini. È per questi motivi che, da qualche anno, la legge sta estendendo sempre più le responsabilità legali dei vari soggetti coinvolti nei processi amministrativi, e non solo, e promuovendo l’inserimento di strumenti di prevenzione all'interno delle imprese.

Con il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle societa’ e delle associazioni anche prive di personalita’ giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”, la legge ha introdotto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Enti o Imprese) nell’interesse o a vantaggio delle quali è stato commesso uno dei reati indicati dalla normativa stessa.
Nell’art. 6, comma 1, lett. a) del d.lgs. 231/2001, però, è previsto che il soggetto non risponda del reato nel caso abbia “adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.

Questo primo impulso ha portato ad inserire nel nostro ordinamento le cosiddette “direttive appalti”, fino a sfociare nel nuovo Codice degli appalti, cioè il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che disciplina in modo generale la natura e l’uso del “modello 231”, indipendentemente dalla natura del soggetto e dell’oggetto dell’appalto. In sostanza siamo di fronte ad un cambiamento non solo normativo, ma ad un cambio di mentalità che richiede alle aziende di sorvegliare attivamente e direttamente quel che succede al loro interno, per poter garantire standard di legalità più alti. Un lavoro di sorveglianza prevenzione che si traduce, in sostanza, nel ricorso a modelli organizzativi con la funzione sia di guida per i soggetti coinvolti che di strumento di verifica.  Se da un lato questo comporta un’incombenza in più all’interno del mondo aziendale, gli ottimisti vedono in queste novità anche un’occasione per le aziende di veder riconosciuto il profilo etico del loro comportamento. Il modello 231, infatti, sta assumendo sempre più il ruolo di requisito in diversi sistemi di rating, a loro volta richiesti nei processi di valutazione e selezione delle aziende candidate agli appalti.

Da questo punto di vista, Favero saluta positivamente il cambiamento normativo, essendo già impegnata da ormai un decennio a promuovere l’applicazione e la condivisione, all’interno come all’esterno dell’azienda, dei valori etici che vuole applicare nel lavoro quotidiano. Già dal 2006, infatti, Favero si è dotata di un codice etico e di un modello organizzativo che ne attua le linee guida, scaricabile anche dal sito web.
Si tratta di documenti non obbligatori per legge, ma che aggiungono valore all’azienda come partner, tanto per la pubblica amministrazione quanto per il privato, perché vanno al di là della mera affermazione di principio: il nostro modello organizzativo infatti analizza i processi aziendali e ne evidenzia in modo dettagliato e preciso i rischi, in relazione ai reati previsti nel decreto.
Ovviamente, per non restare sulla carta, il codice etico e il modello organizzativo sono stati affiancati da un organismo interno di verifica del corretto rispetto delle direttive.

In questo modo, Favero si è attrezzata con uno strumento operativo articolato per il controllo a 360°, in tutti i processi e ambiti dell’azienda, del rispetto delle regole da parte dei vari soggetti coinvolti nelle attività d’impresa. Se da un lato, infatti, dipendenti e collaboratori sono informati e seguono nelle proprie azioni un insieme di direttive rigorose, dall’altro l’applicazione e il rispetto da parte del personale dell’azienda del modello organizzativo incoraggia anche clienti e stakholder a fare proprie le linee guida del nostro codice etico.

È quindi di grande rilievo, per tutti gli enti che vogliono scegliere con sicurezza i propri partner, dialogare con un’azienda dotata di propria iniziativa di un codice etico: all’interno e all’esterno di essa si crea, oltre ad un insieme di regole, una filiera del valore nel quale ognuno ha modo di riconoscersi, e che svolge un ruolo di garanzia.